La storia del Bi4

Nella prima metà degli anni ’80, grazie ad una nuova politica aziendale da parte della Piaggio, si diede il via al rilancio in grande stile del marchio Gilera.

Lo storico stabilimento di Arcore iniziò a produrre veicoli di nuova concezione dallo styling innovativo e moderno dotati di un inedito motore 2 tempi con raffreddamento a liquido. Le brillanti RX e RV si affermarono velocemente e consolidarono il nome del Marchio. Una volta riaffermata la produzione di moto leggere 125, nel 1985 venne ultimata la realizzazione da parte dello staff tecnico diretto dall’ ing. Lucio Masut di un nuovo ed inedito motore monocilindrico 4 tempi.

La scelta cadde su un monocilindrico verticale per vari motivi. In primo luogo il costo di progettazione relativamente più basso rispetto ad un pluricilindrico, in secondo luogo la possibilità di ottenere un motore “modulare” cioè di creare più cilindrate variando solo l’alesaggio in modo che il propulsore fosse adatto ad equipaggiare motociclette di vario genere. Giocò, in tutto ciò, anche un fattore di moda e di tendenza che negli anni ’80 dilaga, quello dei mono 4 tempi giapponesi e non perfetti per le moto da enduro di gran voga in quel periodo.

Venne realizzato un propulsore discretamente superquadro dalle sofisticate soluzioni tecniche ottenendo la massima razionalità costruttiva: un basamento compatto e corto disegnato attorno ai componenti interni, una struttura raccolta e rigida parte integrante del telaio.

Razionalità costruttiva tesa a ridurre il numero delle componenti meccaniche come ingranaggi, giri di catena ed alberi di rinvio per l’azionamento dei vari dispositivi accessori. Esempio ne sono l’albero di equilibratura utilizzato anche per collegare il motorino d’avviamento all’albero motore e la pompa dell’acqua azionata direttamente dal dorso della cinghia di distribuzione. Semplicità costruttiva finalizzata sì all’ottenimento di prestazioni di rilievo, ma soprattutto alla ricerca di robustezza ed affidabilità in un contesto di raffinatezze tecniche mai viste in quei anni su un motore motociclistico: 4 valvole, distribuzione bialbero a cinghia dentata, raffreddamento a liquido con miscelazione a tre vie comandate da termostato, doppio radiatore munito di elettroventole, contralbero di equilibratura, alimentazione a due carburatori di cui uno con pompa di ripresa, accensione elettronica, avviamento elettrico, frizione a comando idraulico, canna cilindro trattata al Gilnisil.

Soluzioni tecniche mutuate direttamente dall’ambiente automobilistico come la pompa centrifuga di raffreddamento incassata nel cilindro ed azionata dalla cinghia di distribuzione o la pompa dell’olio ad ingranaggio interno mossa direttamente dalla corona di trasmissione primaria, l’albero motore monolitico e la corsa di biella relativamente corta rispetto all’alesaggio in modo da ridurre le sollecitazioni meccaniche.

motore_bI-4_black2

Il motore debuttò nel 1986 con la cilindrata 350 sulla serie Dakota. Una moto stilisticamente originale dal maxi serbatoio che la faceva apparire una enduro di cilindrata superiore. Solo a distanza di un anno, nell’87, fu introdotta sullo stesso modello la motorizzazione 500 e successivamente fu allestita la versione 600 (558 cc) che con varie evoluzioni equipaggiò altri importanti modelli fino al 1993.

Ma chi fu il “papà” del Bi-4?
Dopo l’abbandono della storica fabbrica di Arcore da parte della Piaggio, il fatto non ha certo aiutato a far chiarezza, addirittura si dice che non si siano tenuti nemmeno i progetti originali e che sia stato tutto mandato al macero con la chiusura di Arcore, ma noi del Gilera-Bi4, si deve cercare tutto quanto sia possibile per documentarne la storia.

Grazie ad una ricerca di DakoBox nelle librerie, internet, formulando richieste via e-mail, e nel “breve” tempo di un anno è giunto a qualche spiegazione.

Chi fu il progettista del Bi-4?
Ora lo sappiamo: grazie a poche stringate parole scritte su un recente numero di Legend Bike ad opera di Sandro Colombo (uno degli ingegneri che han fatto la storia motociclistica italiana), il nome di Bossaglia, Cesare Bossaglia è venuto fuori.

Ci direte: chi è costui?

Un Genio.

Nella sua carriera ha progettato 112 motori di ogni genere partendo da un foglio bianco, e molti di questi conosciutissimi : ad esempio il 1500 boxer dell’Alfa Romeo che ha equipaggiato l’Alfasud e l’Alfa 33.
Ha progettato motori motociclistici (fra cui il Parrilla 175 camma rialzata che, ad osservarlo bene, sembra un Bi-4 “antico”) oppure motori da motonautica, di aerei, di Kart.

Negli anni ’80, dopo aver lasciato l’Alfa Romeo, acquisita da Fiat, decide di fondare la IAME a Zingonia (Bg) e di collaborare con essa per lo sviluppo dei motori Kart e per sviluppare commesse esterne.
Aprì uno studio tecnico a Cernusco S/N dove avviò una monumentale serie di progettazioni fra cui una commessa di Gilera per un 4T monocilindrico di 350 cc.

Assieme al collaboratore Grana della IAME costruirono un prototipo che, a differenza del “nostro” motore, aveva le valvole comandate direttamente dagli assi a cammes tramite bicchierini con pastiglia calibrata e pulegge della distribuzione più piccole.

Il motore, nonostante le prestazioni notevolmente superiori ad analoghe realizzazioni delle case concorrenti, venne accantonato (probabilmente in quanto Gilera si trovava in una profonda crisi di vendite e di incassi data dalla vetustà dei modelli prodotti -Tg1,Tg2,Tg3 ecc).

In Seguito, in virtù dei lusinghieri successi di vendita dati dai modelli RX ed RV del 1984 e dai conseguenti maggiori introiti, ad Arcore (e, specialmente, a Pontedera) si ricominciò a pensare al 4T.

Inizialmente, grazie alla proposta di Marino Abbo, rappresentante Gilera di Genova e importatore delle moto giapponesi Kawasaki, si arrivò quasi alla definizione di un contratto di assemblaggio ad Arcore della enduro monocilindrica KLR e del conseguente utilizzo della stessa unità propulsiva anche per un modello Gilera.

Grazie all’interessamento del sopracitato Sandro Colombo, che lavorava come consulente in Gilera, convinse i vertici capitanati da Lucio Masut a desistere dall’idea di trasformare la fabbrica di moto italiane più antica in una succursale di assemblaggio Kawasaki e si rispolverarono i progetti di Bossaglia in quanto qualitativamente migliori del motore giapponese.

L’unico problema del motore di Bossaglia era l’eccessiva altezza e la scarsa durata della cinghia di distribuzione.
Si rimediò al primo difetto eliminando i bicchierini ed adottando una distribuzione con i conosciuti bilancieri a dito che permisero l’allargamento delle cammes e il loro abbassamento.
Il secondo problema si risolse aumentando il diametro del pignone della cinghia sull’albero motore e, grazie anche alla prima modifica che aumentava lo spazio fra gli assi, delle due pulegge dentate sulla testa (creando così la conosciuta forma del carter distribuzione a “orecchie di Topolino” )

Per il resto il motore non venne toccato: era nato il Bi-4 che cominciò a girare per le strade con il modello Dakota del luglio 1986.

Tristemente, il “Papà” del Bi-4 non vide mai la sua creatura finita in quanto morì per una grave malattia nel 1985..a noi un doveroso ringraziamento che dobbiamo dedicargli ogni qualvolta mettiamo in moto il prodotto del Suo Genio… grazie, Cesare….